martedì 11 giugno 2024

Un commento alle elezioni europee


Il primo dato, veramente inquietante per una democrazia liberale, è quello dell'affluenza, che nel territorio nazionale si è fermata al 49,69% degli aventi diritto. Per la prima volta nella storia repubblicana più della metà degli elettori è rimasta a casa o non ha potuto votare. Sicuramente si può fare di più per far votare i fuori sede e per congegnare un voto postale. 
E' tuttavia evidente la sfiducia sia nella classe politica nazionale che nell'istituzione dell'Unione Europea, che da idea di cooperazione, democrazia e giustizia (come teorizzata da Mazzini, Calamandrei, Spinelli e altri) è sempre più diventata una sovrastruttura del capitalismo globalizzato e oppressa da una burocrazia elefantiaca e preda delle lobby di interessi particolari. Urge una profonda riforma democratica e sociale dell'Europa con un Parlamento con pieni poteri legislativi ed eletto con un sistema proporzionale puro, veri partiti europei che non siano una sommatoria di liste e situazioni nazionali, un Esecutivo responsabile davanti al Parlamento e un Presidente dell'UE eletto a maggioranza qualificata dal Parlamento stesso. Serve abolire il dumping fiscale e del lavoro con un reddito minimo europeo che vale per tutti i paesi, una fiscalità armonizzata e un'IVA comune (salvo alcuni territori particolari), una politica estera e di difesa comune, uscendo dalla NATO, una vera politica di cambiamento ecologico ed energetico che non sia un pitturare di verde le multinazionali fossili. Una riforma coraggiosa e tuttavia molto difficile con l'attuale composizione dell'Europa dove troverebbe il veto dei paesi dell'Est europeo (affrettatamente fatti entrare dal disastroso Prodi nel 2004 e anche successivamente), di alcuni paradisi fiscali interni all'Unione (come i Paesi Bassi e il Lussemburgo), dei partiti nazionalisti e anche dei liberali, popolari e socialisti sempre più proni al capitale internazionale. Sono tuttavia convinto che anche in Italia una Europa così riformata avrebbe il consenso della grande maggioranza dei cittadini, gli stessi cittadini che, in un referendum consultivo abbinato alle Europee del 1989, votano con l'88,03% dei voti favorevoli che "che si debba procedere alla trasformazione delle Comunità europee in una effettiva Unione, dotata di un Governo responsabile di fronte al Parlamento, affidando allo stesso Parlamento europeo il mandato di redigere un progetto di Costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri della Comunità", un mandato disatteso dai nostri politici e da quelli europei. 
Si profila una ennesima "grande coalizione" in Europa con socialisti, liberali e popolari e allargata, a seconda delle occasioni a sinistra in direzione dei Verdi e a destra in direzione dei conservatori capeggiati dalla Meloni. L'estrema destra sfonda in Germania ed Austria, e questo è motivo di preoccupazione per tutti noi, oltre alle solite roccaforti dell'Est. 
La nostra Presidente del Consiglio ha un motivo di soddisfazione: è uno dei pochi governi in carica non bastonati dagli elettori (nel frattempo si va ad elezioni anticipate in Francia ed è caduto il governo belga) e ha un piccolo incremento in termini di percentuali (con, però, oltre mezzo milioni di voti in meno in senso assoluto complice la bassa affluenza). Anche il PD "radical chic" di Elly Schlein ha motivi di soddisfazione in termini di percentuali e anche, seppur più modestamente, in termini di voti, beneficiando però più che dalla leadership della segretaria dalla presenza di popolari amministratori nelle liste che hanno trainato la lista con molti voti di preferenza. Attorno al PD però (quasi) il vuoto, con i 5 Stelle che crollano sotto il 10%, crollo solo parzialmente colmato dal lusinghiero risultato dell'Alleanza Verdi e Sinistra (sulla quale il sottoscritto aveva fatto un appello al voto) al 6,73% e che raddoppia la propria percentuale rispetto alle elezioni politiche del 2022 e più di mezzo milione di voti, favorita da candidature azzeccate come quelle di Ilaria Salis e Mimmo Lucano. Questo forse ci insegna che l'elettorato che ancora partecipa alle elezioni è più propenso a proposte radicali e identitarie e non a contenitori dove si può trovare un po' di tutto. I 5 Stelle di Conte non hanno avuto una identità ben precisa, al di là del generico tema della pace, e sono destinati a scomparire se il loro leader non gli potrà dare dei lineamenti più marcati. 
A destra buon risultato di Forza Italia e centristi con una inaspettata prova di vitalità a un anno esatto dalla morte dell'indiscusso (e discusso) leader Silvio Berlusconi segno che i suoi eredi occupano il poco spazio di centro che rimane nello spettro politico. Non crolla la Lega ma sicuramente per Salvini il risultato non è positivo e il tracollo è stato evitato raschiando il voto di ultradestra legato ai più nostalgici del nazifascismo. Il fatto che una nullità assoluta come il generale Vannacci abbia raccolto oltre mezzo milione di preferenze sulla base di decime mas, magliette nere, libri che offendono non solo il buon senso e la civiltà ma anche la lingua italiana, dovrebbe farci preoccupare su molti nostri connazionali. 
Infine non eleggono le liste liberali e liberiste di Renzi, Bonino e Calenda, troppi galli in un sempre più piccolo pollaio. Non ne sentiremo la mancanza. 

Andrea Panerini